OMEGA: il suo Museo e le sue Manifatture

  

Fabbrica di Villeret

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Qualche giorno fa ho avuto la possibilità di visitare sia le recentissime Manifatture (l’headquarter sito a Bienne e la Manifattura di Villeret), sia il Museo di OMEGA. Partiamo dalle fabbriche. La Manifattura OMEGA a Villeret fu terminata nel 2013, anche se l’inaugurazione ufficiale avvenne il 27 luglio 2015 alla presenza di James Bond alias Daniel Craig. Situata nel mezzo di boschi di pini, Villeret ha svolto un ruolo di primaria importanza nella storia dell’orologeria svizzera. Fu proprio in quest’area che molti marchi iniziarono a fiorire a metà del diciottesimo secolo. E nel 1848, un giovane orologiaio (Louis Brandt) aprì in questa regione dello Jura un laboratorio per sviluppare gli orologi più accurati che poteva, gettando le basi per la nascita di OMEGA. La manifattura odierna trovo coniughi perfettamente la storia e la tradizione con le più moderne tecnologie: non esagero scrivendo che ho trovato la Manifattura di Villeret una delle più avanzate che abbia visto finora. Ho avuto modo di seguire la linea di assemblaggio dei rivoluzionari calibri Co-Axial, sì automatizzata, ma con l’imprescindibile contributo umano: ogni singolo componente del calibro, infatti, viene aggiunto dai tecnici divisi per aree dedicate. I macchinari sono indispensabili invece per i lubrificanti e l’avvitamento dei singoli componenti dei calibri. E a proposito dei calibri, tra quelli che ho visto produrre ci sono i rinomati calibri 8900 e 8901 (quelli usati nella collezione Seamaster Planet Ocean per intenderci). Master Chronometer è il più alto standard dell’industria orologiera svizzera per precisione, affidabilità e resistenza ai campi magnetici (fino a 15.000 gauss). Per potersi fregiare di questa qualifica, un orologio e il suo movimento devono passare 8 test molto rigorosi approvati dallo Swiss Federal Institute of Metrology (METAS). Quando OMEGA si riferisce ai movimenti Co-Axial, fa riferimento al particolare scappamento Co-Assiale che rivoluzionò la Manifattura nel 1999. Usando più piccole superfici di contatto all’interno del movimento, lo scappamento Co-Axial produce meno frizione e richiede meno lubrificazione, rendendo i movimenti più durevoli e affidabili. Quando OMEGA lo introdusse, fu il primo vero scappamento per un orologio da 250 anni! Sviluppato da George Daniels (1926–2011), lo scappamento Co-Axial fu un vero e proprio balzo in avanti nell’orologeria.

Altro incredibile posto che ho visitato è stato il nuovo stabilimento di produzione presso la sede centrale di Bienne, inaugurato nel novembre del 2017. Stabilita in loco dal 1882, grazie al nuovo edificio il brand può vantare la struttura più avanzata del settore per l’assemblaggio, la formazione e il controllo qualità. Progettato dal pluripremiato architetto giapponese Shigeru Ban, lo stabilimento intanto è un capolavoro di ecosostenibilità: costruito in legno di abete rosso svizzero sostenibile è dotato di un ingegnoso sistema di climatizzazione e gestione dell’energia. Tutte le fasi di produzione, che comprendono T2 (assemblaggio orologi), T3 (bracciali) e T4 (spedizione), nonché lo stock e la logistica sono ora riuniti all’interno del nuovo edificio. Nel cuore dell’edificio, OMEGA ha installato un sistema di stoccaggio completamente automatizzato che si sviluppa in altezza su tre piani. Come in un film di fantascienza, il sistema a prova di incendio è provvisto di oltre 30.000 scatole contenenti tutto il materiale necessario, indispensabile per la produzione orologiera del marchio. Ma soprattutto, il nuovo stabile è stato creato anche per ospitare i nuovi processi di controllo qualitativo e tecnico del brand, tra i quali i test METAS per la certificazione Master Chronometer. È qui che OMEGA certificherà gli orologi secondo i più elevati standard dell’industria in termini di precisione, prestazioni e resistenza ai campi magnetici.

Last but not least, ho potuto visitare il Museo, che è il più antico museo interamente dedicato ad un solo marchio orologiero. Situato anch’esso a Bienne, proprio di fronte alla sede di Omega, il museo presenta oggetti che ripercorrono la storia del marchio, fra cui il banco da orologiaio utilizzato da Louis Brandt quando iniziò a fabbricare i primi orologi, ormai più di 160 anni fa. Il Museo Omega ha riaperto le porte nel maggio 2010 dopo importanti lavori di restauro che l’hanno portato, tra l’altro, ad avere ben 4000 orologi (!), oltre ad una nuova sezione dedicata alla storia cinematografica di Omega: ho potuto ammirare ad esempio i modelli Seamaster di James Bond, che li sfoggia dal 1995 sfoggia. C’è anche l’orologio Omega portato da John F. Kennedy in occasione della cerimonia d’investitura che fece di lui il 35mo presidente degli Stati Uniti. Un’altra sezione del museo è dedicata all’attrezzatura sviluppata e utilizzata da Omega dal 1932 nell’ambito delle sue funzioni di cronometrista ufficiale dei Giochi Olimpici. Da oltre 45 anni, poi, il marchio è strettamente associato al programma spaziale della NASA. La sezione del museo dedicata al tema dello Spazio presenta quattro Speedmaster che hanno accompagnato gli astronauti durante l’allunaggio o nelle loro missioni lunari. Due parole su questo tema: nel 1964 il programma spaziale della NASA iniziò ufficialmente la ricerca di un orologio su cui fare affidamento per tutte le missioni con equipaggio. Deke Slayton, Flight Crew Operations Director, inviò ad alcune manifatture in tutto il mondo una richiesta per dei cronografi da polso. Diversi brand, inclusa OMEGA, inviarono i propri segnatempo che furono sottoposti a test durissimi: di temperatura, di resistenza agli urti e alle vibrazioni e di funzionamento nel vuoto. Solo l’OMEGA Speedmaster superò i test e come risultato, il primo marzo 1965, venne dichiarato “Flight Qualified for all Manned Space Missions”. Da questo momento OMEGA diventò l’unico fornitore di orologi per il programma spaziale con equipaggio della NASA. James Ragan, l’ingegnere della NASA che nel 1965 aveva certificato lo Speedmaster e che ho avuto il piacere di conoscere durante la visita al Museo OMEGA, mi ha spiegato l’importanza del brand: “L’orologio era considerato un dispositivo di backup. Se gli astronauti avessero perso la capacità di parlare con la terra, o di utilizzare i propri timer digitali sulla superficie lunare, l’unico strumento su cui avrebbero potuto fare affidamento sarebbe stato l’OMEGA che indossavano al polso. Doveva essere lì in caso ci fossero stati dei problemi.” Altro aneddoto interessante che mi ha raccontato è di come in questi decenni siano ritornati in possesso di alcuni degli orologi assegnati ai piloti in missione che per vari motivi erano andati persi. Questi orologi, infatti, sono di proprietà del governo degli Stati Uniti, non dei singoli astronauti. E con tecniche degne dei migliori film di spionaggio, più di una volta sono riusciti a recuperarli!