A Basilea abbiamo intervistato Paolo Gobbi, direttore editoriale della notissima rivista Galileus.
D: Ci dica qualcosa del suo background…
Ho scritto il mio primo articolo all’età di ventidue anni, per inciso era su di un Panerai quando questo marchio era veramente sconosciuto a tutti.. Da allora non mi sono mai fermato.
D: Come e quando è nata la passione per gli orologi?
La mia grande passione era scrivere e non è cambiata. Quello con l’orologeria è stato un incontro fortunato, trasformatosi in un lavoro straordinario fatto da ventisette anni vissuti con passione e dedizione.
D: Ci può raccontare qualcosa in merito a Galileus? Aneddoti, quando è nato, perché…
Galileus nasce dalla volontà di parlare di orologeria in maniera coinvolgente e immediata, senza velleità di insegnare nulla a nessuno. E’ un giornale fatto di passioni e di emozioni: non a caso una delle rubriche che ci regala le maggiori soddisfazioni si chiama proprio Emozioni.
D: Sulle pagine di Galileus si leggono molte interviste. Perché?
Semplice, perché credo che sia importante dare la voce a chi vive, a diversi livelli, il mondo delle lancette. Sono dell’idea che ci siano tante storie e idee da raccontare: compito del giornalista è quello di trovarle e farle arrivare ai lettori, mediando il meno possibile.
D: L’editoria da tempo è in difficoltà, sia come copie vendute sia come raccolta pubblicitaria. Voi come vivete questo momento?
In realtà l’orologeria, anche dal punto di vista editoriale, vive in una sorta di mondo parallelo. Sono, infatti, ancora oggi in lenta ma continua crescita gli appassionati, mentre le vendite nelle orologerie risentono del benefico influsso dei compratori stranieri. In molti poi non hanno smesso di sognare, quindi acquistano comunque le riviste. Per quanto riguarda la pubblicità, rimane comunque la maniera più immediata per mantenere la visibilità dei marchi.
D: Ha una marca preferita? Se sì perché?
No, non ho una marca preferita ed eticamente non penso sia corretto averne una. Inoltre, vivendo in questo mondo da tanti anni, ho imparato che spesso le persone che sono “dietro” un orologio sono più importanti dell’orologio stesso. In alcuni segnatempo ci sono idee, sensazioni, storie, vita, scommesse, che già da sole meritano attenzione e interesse.
D: Ha dei suggerimenti da dare a chi si avvicina a questa passione?
Studiare tanto, leggere i libri, le riviste, i forum e i blog in rete. In poche parole fare esperienza a livelli diversi. Non lasciarsi gabbare dai tanti incantatori di serpenti e ragionare sempre con la propria testa. Non cercare poi l’affare a tutti i costi. Non cercare l’investimento su qualcosa che costi sotto ai cinque zeri. Infine acquistare l’orologio seguendo i canali regolari e affidabili.
D: Quali sono?
I mercanti seri e referenziati per il vintage e i concessionari ufficiali per i modelli nuovi. Si eviterà così di acquistare orologi falsi, rubati, contrabbandati. L’illegalità non paga mai e poi scegliendo il traffichino di turno si perde completamente la magia dell’acquisto, che di per sé è una parte del valore stesso di qualsiasi oggetto.
D: Cosa la fa sorridere pensando al mondo dell’orologeria?
Ammetto che la pretesa, tutta italiana, di cercare sempre l’affare, la furbata, quando si fa un acquisto, il più delle volte mi ha strappato un sorriso. Acquirenti storici come noi, ma con un maggior grado di consapevolezza, come i giapponesi oppure gli inglesi, non si lasciano distrarre dall’ossessione del prezzo, ma controllano prima di tutto la qualità e l’originalità.
D: Cosa la fa arrabbiare?
Che qualcuno consideri il mondo dell’orologeria e della gioielleria come una sorta di bengodi, fatto di commercianti straricchi e acquirenti difficilmente classificabili. In realtà è un comparto, a dispetto di tutte le avversità fiscali e pseudo-comunicative, che impiega decine se non centinaia di migliaia di persone, che importa molto ma spesso esporta ancora di più, che vive in trincea per la paura (purtroppo sovente fondata) di furti e rapine, che necessità di molteplici servizi (assicurzioni, allarmi, corrieri, assistenza tecnica) e di conseguenza amplifica la sua importanza anche numerica a livello lavorativo.
D: Quindi?
Quindi andrebbe, non dico aiutato e neanche protetto, ma perlomeno non ostacolato di continuo.