Gli orologi russi

Orologio Chaika per Olimpiadi di Mosca-1980

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Orologio Chaika per Olimpiadi di Mosca-1980

Qualcuno ricorderà che, alla fine degli anni ’80, gli orologi made in URSS riscuotevano un notevole successo anche in Italia. Era un periodo in cui tutto ciò che era sovietico andava di moda; e gli orologi russi erano un simbolo della “perestrojka“: fino ad allora quasi nessuno conosceva marchi come Vostok, Raketa, Poljot… Poi la perestrojka è finita, l’Unione Sovietica è crollata, ma molti di quegli orologi vengono ancora prodotti, con caratteristiche praticamente immutate: assolutamente meccanici e quasi sempre a carica manuale, con estetica e linee d’altri tempi, non sono privi di fascino, proprio perché conservano caratteristiche (e difetti…) ormai assenti sui movimenti meccanici di produzione occidentale più recenti.

Analizziamo alcune delle principali case.

Poljot.

La “Poljot” è stata la più grande fabbrica di orologi russa.  Fu fondata a Mosca nel 1930 con il nome di “Prima fabbrica di orologi di Mosca”, per la produzione di strumenti per l’industria aerospaziale e per l’aviazione militare. Nell’aprile del 1961, Yuri Gagarin portava a termine la prima missione nello spazio con al polso un orologio Poljot “Sturmanskie”, che divenne così il corrispettivo russo dell’ Omega “Speedmaster” indossato da Armstrong durante l’atterraggio sulla Luna. Il movimento era un semplice 17 rubini, con la lancetta dei secondi arrestabile per una migliore sincronizzazione dell’orologio. Stesse caratteristiche per il “Pobeda” (“vittoria” in russo, fra l’altro usato anche per treni, navi e anche per un’automobile). Il marchio Poljot (che significa “volo”) fu adottato solo dopo l’impresa di Gagarin, e ancora oggi contraddistingue tutti gli orologi prodotti dalla fabbrica moscovita. Tuttavia, la Poljot è nota soprattutto per essere l’unica fabbrica russa produttrice di cronografi meccanici da polso. Nella seconda metà degli anni ’70, la Poljot acquistò dalla svizzera Valjoux i macchinari per la produzione del calibro “7734”, che venne profondamente modificato e ribattezzato “3133”, un 23 rubini a carica manuale. Questo movimento ha equipaggiato tutti i cronografi Poljot prodotti da allora, partendo dall’ “Okean” (usato anche sulla navicella spaziale Soyuz nel 1976) per arrivare allo “Sturmanskie”.

 Il “Vostok”: il classico orologio dell’Armata Rossa.

I “Vostok” (il termine significa semplicemente “Est” in russo) sono sicuramente gli orologi russi più diffusi e noti da noi. In Italia vennero anche importati ufficialmente verso la fine degli anni ’80, mantenendo il marchio cirillico “Boctok”, che casualmente poteva essere scritto anche in caratteri latini; vennero anche pubblicizzati su parecchie riviste nazionali -personalmente me li ricordo persino su “Gente Motori”!- insieme ai “Raketa”, altra marca made in URSS. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, venivano acquistati direttamente dai suddetti polacchi che arrivavano nelle principali città italiane, e che li vendevano a molto meno rispetto alle centomila lire e passa delle gioiellerie! La fabbrica nasce nella città di Chistopol nel 1942, allorquando una fabbrica moscovita fu spostata sulle rive del fiume Kama per sottrarla all’avanzata tedesca. Da allora, Vostok è stato il principale fornitore del Ministero della Difesa sovietico. L’orologio più noto è il “Komandirskie” (“comandante). La scritta “3AKA3 MO CCCP” nella parte bassa del quadrante sta per “Ordine del Ministero della Difesa dell’ URSS”, e indica che questi esemplari facevano parte di una fornitura militare.  Il movimento di questi orologi era solitamente a carica manuale, 17 rubini, bilanciere antishock. Tra i Vostok prodotti recentemente c’è da dire che l’aspetto è sostanzialmente simile alle versioni anni ’80, ma la corona è più piccola e la cassa non ha le spallette a protezione della corona stessa. Arrivando a un evidente segno della “nuova Russia” con il Vostok “Kremlin”: c’è persino uno zaffiro nero incastonato nella corona! Tutti i nuovi modelli sono equipaggiati con il movimento automatico siglato “2416-B”, con 31 rubini. I Vostok con movimento a carica manuale degli anni ’70-’80 erano veramente robusti e quasi indistruttibili, ma molti automatici prodotti nella seconda metà degli anni ’90 hanno dato parecchi problemi; anche la finitura della cassa (semplicissima ma ben eseguita sui vecchi modelli), nello stesso periodo, lasciava spesso a desiderare, con cromature deboli. Ora la situazione è migliorata, tuttavia è un vero peccato che si sia buttata alle ortiche una genuina tradizione “militare”…

 “Raketa” e “Slava”: gli orologi “civili” russi.

I “Raketa” (“razzo” in russo) sono i più noti orologi russi “civili”, non destinati ad impieghi militari. Erano prodotti nella città di Petrodvoretz (vicino San Pietroburgo); la fabbrica fu fondata addirittura nel 1701 dallo zar Pietro il Grande per la lavorazione di pietre preziose. Nel 1930, le stelle composte da rubini sulla torre del Cremlino furono prodotte proprio dalla fabbrica di Petrodvoretz, che a partire dal 1932 iniziò a produrre orologi. Anche questa marca fu importata ufficialmente in Italia alla fine degli anni ’80, e pubblicizzata come “Paketa” (la “P” è una “R” cirillica). Purtroppo la Raketa ha chiuso per bancarotta nel 1995; recentemente la produzione è ripresa, ma gli orologi prodotti attualmente sono un ben lontano ricordo dei modelli del passato…Un peccato, perché nella produzione passata esistevano dei modelli degni di nota, come ad esempio quelli con quadrante con indicazione a 24 ore, studiati per minatori, esploratori polari ed altre categorie che hanno la necessità di sapere se sia giorno o notte: in pratica, la lancetta delle ore fa solo un giro al giorno anziché due, evitando confusione fra l’orario antimeridiano e pomeridiano. Alcuni modelli sono dotati anche di lunetta girevole con i fusi orari mondiali. Un altro modello da citare è quello dotato di calendario perpetuo che consentiva (in maniera per la verità non proprio semplice, visto che è in cirillico…) di calcolare il giorno della settimana fino all’anno scorso. Il movimento è a 19 rubini, carica manuale, piuttosto preciso: tuttavia il fondello non è a vite ma a pressione, non vi è alcuna guarnizione, per cui i Raketa tendono ad accumulare condensa dietro al vetro nelle giornate piovose. Un altro modello piuttosto particolare era il Raketa Braille, studiato per i non vedenti: il vetro può essere aperto premendo la corona e il non vedente può sapere l’ora sfiorando le lancette con le dita.

Gli “Slava” sono altri classici orologi russi non militari, mai importati ufficialmente in Italia: credo vengano prodotti ancora in quella che è chiamata ufficialmente “Seconda fabbrica di orologi di Mosca”. I primi movimenti prodotti derivavano da un vecchio movimento francese prebellico, il Lip “T-15”, prodotto su licenza. Alcuni movimenti sono dotati (differentemente da altri orologi russi) di doppio datario, con un sistema rapido a pulsante per il cambio di data, ed hanno anche un’interessante caratteristica: due molle di carica anziché una sola. E’ interessante notare come la doppia molla di carica sia una soluzione tecnica adottata anche da diversi modelli della tedesca Lange & Sohne, sebbene in questo caso si tratti di ben altro disxorso… Tuttavia, anche questi orologi sono molto affidabili e precisi, nonostante la costruzione molto semplice. Negli anni ’70 la Slava produsse pure uno dei primi esempi di orologio russo dotato di movimento non meccanico prodotto in loco. Fu prodotto in un quantitativo piuttosto ridotto.

Altri orologi russi.  

Due parole anche su alcune altre Marche russe. La “Chaika” (in russo “gabbiano”, che era il nome in codice della prima donna astronauta, Valentina Tereshkova) fu fondata nella a Uglich nel 1940 per la lavorazione di pietre per l’industria di precisione, fabbricando in seguito movimenti di piccolo calibro (16 millimetri). Anche oggi, questa Marca produce principalmente orologi da donna. Due modelli da uomo sono però interessanti: lo “Stadium” , realizzato per le Olimpiadi del 1980, con movimento automatico a 23 rubini (non più prodotto), e la cui forma ellittica riprende appunto quella di uno stadio; un modello prodotto attualmente, con la classica stella rossa e con uno spessore piuttosto ridotto, dovuto anche alle dimensioni del movimento, siglato “1601-A” e dotato di 17 rubini. Quest’ultimo modello è piacevole, anche se “essenziale”: solo ore e minuti.

Tra gli orologi russi meno conosciuti anche i “Pobeda“. Questi orologi, prodotti dalla ZIM (Zavodi Imeni Maslennikov) nella città di Samara, non hanno nulla in comune con quelli prodotti dalla Poljot con lo stesso nome durante gli anni ’50, e rispetto ad essi sono molto meno raffinati nella meccanica e nelle finiture. Sono equipaggiati con un semplice movimento a 15 rubini e piccoli secondi, e parecchi modelli hanno un look decisamente poco attraente. I “Luch”, prodotti nella città di Minsk, in Bielorussia furono fra i primi in URSS (oltre alla Slava) a produrre orologi al quarzo.

Accanto ai marchi “storici” dell’orologeria russa, ne sono sorti anche dei nuovi, che producono orologi con movimenti cinesi o russi. La “Orion” produce, ad esempio, l’orologio con movimento “scheletrato” made in China. La “Rekord”, invece, oltre ad orologi con movimenti svizzeri e giapponesi (ISA, Citizen-Miyota), produce anche modelli con movimenti Slava, 21 rubini a carica manuale o 25 rubini a carica automatica.

Per finire, due orologi russi…non fabbricati in Russia! Il modello nella prima foto in alto veniva prodotto in Francia dalla Gruen su disegno italiano, e venduto in Italia e all’estero con il marchio “Soviet” ed era equipaggiato con un movimento al quarzo. Altra marca interessante la “Vrema” (significa “tempo” in russo), con orologi dotati di un movimento meccanico a carica manuale. Oggi quasi nessuno ricorda questi orologi, eppure verso la fine degli anni ’80 erano diffusissimi. Prova ne sia il fatto che all’epoca esisteva persino un ricco assortimento di imitazioni, con movimenti meccanici o al quarzo provenienti dall’Estremo Oriente.