Oggi abbiamo il piacere di postare l’intervista al Brand Director di Zenith (Gruppo LVMH).
Iniziamo chiedendole qualcosa su di lei e sul suo background…
Dopo la laurea in Sociologia mi sono specializzato alla Luiss Business School in direzione del Personale ed organizzazione. Oggi porto nella gestione di Zenith in Italia esperienze e competenze maturate in Alitalia, Poste Italiane e Chopard.
Quali sono le cose più significative che ha fatto nel recente passato la sua azienda?
Di sicuro il livello tecnico raggiunto dai nostri movimenti sono la più alta espressione al momento di eccellenza manifatturiera in orologeria. Il “modulo giroscopico” che permette al bilanciere di posizionarsi sempre in posizione perfettamente orizzontale rispetto alla forza di gravità è un punto d’arrivo nella ricerca della precisione non solo per Zenith ma per il mondo dell’orologeria in generale.
Ci può descrivere brevemente l’attuale collezione e i prossimi obiettivi della sua azienda?
La collezione Zenith è racchiusa in 6 famiglie: Academy (espressione della nostra più alta orologeria), El Primero (le nostre icone), Captain (i nostri classici), Pilot (la connessione con il mondo dell’aviazione è da sempre nelle nostre corde), Heritage (sono i modelli sottili con una bellezza senza tempo) e Lady (un tributo al mondo femminile). Il nostro obiettivo principale in termini di prodotto è quello di mantenere un livello contenuto di modelli rafforzando il percepito di quei modelli iconici tra gli estimatori del marchio.
Quali sono gli elementi distintivi della sua azienda rispetto alle altre?
Il fatto di produrre i nostri movimenti nello stesso edificio dove la Manifattura ebbe vita nel 1865. Ogni orologio Zenith monta un movimento Zenith. Potrei parafrasare la cosa dicendo che ogni orologio Zenith è un “purosangue”!
Quanto è cruciale il settore Ricerca e Sviluppo per la sua azienda?
È un elemento che ha contraddistinto la nostra storia. Il nostro fondatore, George Favre Jacot, “ossessionato dalla precisione” avviò una serie di studi che portarono alla luce nel 1969 il primo movimento cronografico con carica automatica ad alte frequenze, quello che oggi viene comunemente chiamato “El Primero”. Ancora oggi quel calibro è considerato uno dei più precisi movimenti al mondo. Il Christophe Colomb è l’evoluzione naturale di questa tendenza verso la precisione assoluta in orologeria.
Qual è il pezzo che meglio riflette lo spirito della Zenith?
Il Chronomaster Open 1969. Un orologio che racchiude in se tutti i codici e la storia del nostro marchio.
Sarebbe possibile conoscere la vostra produzione annuale e i vostri piani per il prossimo anno? Aiuterebbe i nostri lettori a comprendere la vostra dimensione come azienda.
La nostra è una Manifattura che mantiene ancora una componente di artigianalità altissima. Consideri che per la realizzazione di un solo movimento cronografico montato sul “El Primero” occorrono 9 mesi di lavoro.
Questo impedisce per il momento uno sviluppo verticale in quantità della nostra produzione ma di contro, tutela l’esclusività dei nostri prodotti.
Quali sono i vostri principali mercati, ragionando in un’ottica worldwide?
Sicuramente negli ultimi anni Zenith ha avuto un importante sviluppo nei mercati asiatici ma l’elemento che più mi conforta è che siamo diventati un marchio assolutamente globale. La nostra vendita è trasversale ed è bello vedere che nelle città d’arte italiane i nostri orologi vadano al polso dei sudamericani come dei cinesi, dei russi come dei giapponesi.
Qual è la maggior sfida che dovrà affrontare la vostra realtà nei prossimi anni?
Quella di adeguare la produzione alla crescente domanda di mercato.
Cosa indossa oggi e cosa indossa di solito?
Qualcuno mi definisce monotono ma di solito sposo anche nell’abbigliamento dei clichè dai quali difficilmente mi separo. Oggi indosso un El Primero original 1969, 38mm che penso resterà al mio polso ancora per tanti anni. Nutro per questo orologio un affetto del tutto particolare.
Infine, una domanda “unfair”: se la obbligassimo a indossare l’orologio di un’altra marca, cosa metterebbe e perché?
Non penso ci sia bisogno di obbligo nel convincermi ad indossare alcuni dei classici braccialati frutto della matita di Gerald Gentà.