Orologi e cucina: intervista allo chef Claudio Sadler

2 cose che non possono mai mancare in cucina: il prezzemolo e il tempismo!

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Ho intervistato per voi lettori del TGCOM24, nel suo ristorante milanese, lo chef Claudio Sadler, notissimo chef bi-stellato Michelin che in questi giorni festeggia i 30 anni di ristorazione, i 25 anni di stelle Michelin, i 20 anni di catering, nonché i suoi 60 anni.

Com’è nata la tua passione per la cucina?

E’ sempre stata la mia passione. Le mie origini in parte mantovane e in parte trentine, mi hanno dato modo di seguire sin da bambino nonna e mamma a cucinare. Appassionandomi a vedere creare dal nulla qualcosa che piace. Una volta adolescente, la passione per la cucina è diventata qualcosa di più, portandomi a frequentare l’istituto alberghiero. Potendo così unire l’utile al dilettevole: lavoro accompagnato dalla passione. Anche se è un lavoro che, proprio se ti appassiona, ti assorbe le giornate intere. Da cuoco sono riuscito a diventare chef e oggi mi reputo fortunato a possedere 2 ristoranti, avere un servizio catering ben avviato, essere collaboratore scientifico per il gruppo Metro, collaboratore con Moretti (Birra Moretti) per il rapporto cibo-birra. Sono anche presidente dell’associazione Le Soste (che raggruppa le migliori cucine italiane di tutto il mondo).

Com’è riuscito uno chef ad avere un successo così straordinario (lo testimoniano le stelle Michelin, gli altri ristoranti aperti, i libri scritti, i corsi di cucina)? Simpatia e professionalità immagino, e anche dell’altro?

La passione è fondamentale, oltre a un “minimo” di talento e ovviamente una grande costanza. Le piccole cose quotidiane diventano importanti e anche un pizzico di fortuna non guasta: essere al posto giusto al momento giusto. Sono appagato di quello che ho fatto. Avrei potuto fare di più (ma aggiungo io, anche di meno). Cerco sempre di avere un miglioramento del mio lavoro; la cucina è in continuo divenire: cambiano le mode, i gusti della gente, i modi di interpretare la cucina. Devi essere pronto a continui cambiamenti. E tenere botta: questo non mi è mai mancato. Ho sempre cercato di fare una cucina di sapore e rassicurante. Poi vengono tutte le altre cose: creatività o il modo di interpretare la cucina in modo “ipercreativo”.

Trovi pure il tempo per scrivere (come accennavo sopra) libri di cucina, tra l’altro vendutissimi. Qual è l’ultimo libro che hai scritto? E il prossimo che pubblicherai?

L’ultimo libro si chiama “Il manuale dello chef” (editore Giunti). E’ un libro molto importante per me non solo perché è il sesto libro, ma anche perché è un libro di ricette che insegna come “stare” in cucina (anche in quella di casa). Ci sono molte ricette con gli step fotografici per aiutare a creare il piatto passo dopo passo. Mi ha richiesto quasi 6 mesi per realizzarlo. Trovo che anche in una cucina di casa questo libro possa aiutare a fare una cucina migliore (non tanto come ricette, quanto su come stare meglio e ottimizzare il tuo tempo).

Parliamo di orologi… Come e quando ti è nata la passione per gli orologi?

L’orologio mi ha sempre entusiasmato. Non sono un appassionato di gioielli (non ho nemmeno la fede, messa solo il giorno del matrimonio!): da ragazzo avevo un bracciale in argento (allora era di moda) e mentre facevo un banchetto e mantecavo il risotto, dalla sala è tornato indietro un piatto con dentro… il mio braccialetto! Da allora ho capito che era meglio stare senza gioielli… Venendo agli orologi invece, in cucina le scadenze sono continue e l’orologio diventa quasi fondamentale per scandire il tempo. Quando sei ragazzo vedi l’orologio come qualcosa che ti aiuta ad essere preciso (amo la puntualità e detesto i ritardatari!) e come uno dei pochi “orpelli” che hai sul tuo corpo. Non amo molto quelli in oro (anche se ne ho un paio, ma semplici e puliti, utilizzabili ad esempio nelle cerimonie) e prediligo quelli classici e quelli più tecnici (Eberhard e Breitling soprattutto).

Hai una Marca preferita? E se si, perché?

Come dicevo prima, Eberhard e Breitling in particolare, ma anche alcuni Bulgari. Mi piacciono, anche se non ne ho ancora avuto uno, gli Jaeger LeCoultre (Reverso in primis). E’ un mondo che mi entusiasma, ma costa!

E un piatto del cuore, tra quelli che hai proposto negli anni nel tuo ristorante?

Ci sono i piatti cosiddetti “signature dish” che hanno fatto un po’ la storia del mio ristorante: la padellata di crostacei con la spuma di dragoncello, il salamino di foie gras con uvette e noci, piuttosto che il risotto nero e oro con i calamari sfrangiati e il contrasto di mango. Piccoli capolavori della mia cucina, che mi seguono e che ripropongo periodicamente rivisitandoli e rielaborandoli a seconda delle esigenze dei nostri clienti.

Oggi cosa indossi?

Un bellissimo Eberhard Crono 4. Anche indossare un orologio è in funzione di come ti senti in quel momento. A volte indosso degli Hip Hop se voglio qualcosa di più facile e sgargiante. In occasione di cene formali indosso o un Longines d’oro o un Tissot sempre d’oro.

Per finire, ci puoi dire qual è il piatto che ti piace di più mangiare, indipendentemente da quelli che prepari nei tuoi ristoranti?

Oltre alla grande cucina che m’ispira e stimola (e spesso mi capita di mangiare anche dai miei colleghi stellati), è il piatto di spaghetti al pomodoro che mi da maggior soddisfazione! Deve però essere cucinata con una pasta ottima, pomodoro di grande qualità e cottura perfetta!

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