Breguet Tradition: la scintilla primordiale

Il fondello della versione in oro rosa del 7027

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Proseguiamo la collaborazione con la prestigiosa rivista internazionale Revolution, regalandovi questo fine settimana un bellissimo articolo scritto dal direttore editoriale della versione italiana, Maurizio Favot, e dedicato ad alcuni capolavori realizzati da una delle più storiche e prestigiose manifatture: Breguet. Credo basti citare il nome (Abraham) ad un appassionato, per ottenere immediatamente come risposta il cognome. 240 anni dopo l’avvio del laboratorio che avrebbe fatto la storia dell’orologeria, l’eredità di Abraham-Louis Breguet viene magnificamente sviluppata e valorizzata in chiave contemporanea con la linea Tradition. Buona lettura di una sintesi dell’articolo; l’articolo completo lo potete leggere sulla rivista che trovate dal vostro edicolante di fiducia.

“Chi mi conosce (e nel settore dell’orologeria sono in parecchi, visto che lo frequento da un abbondante quarto di secolo) sa che non sono tipo facile all’entusiasmo, che cerco di mantenermi il più possibile equilibrato, che se mi si chiede un parere appaio per lo più riluttante. Mi sbilancio assai raramente. Chiedo tempo. Invoco la necessità di un ragionamento approfondito e ponderato. Però, come s’usa dire nell’Urbe, “Quanno ce vo’ ce vo’”. Insomma, talvolta il freno inibitore s’eclissa, la compostezza se ne va gambe all’aria e il latrato di giubilo sgorga scomposto, perfino inelegante. Accadde, ad esempio, quando mi capitò di veder dappresso per la prima volta un Breguet Tradition. Avete presente quando, nella scena più emozionante di Ratatouille (l’incantevole film d’animazione del 2007), l’austero ed implacabile critico gastronomico Anton Ego (che nell’edizione originale ha la voce dell’iperuranio Peter O’Toole) assaggia il manicaretto a base di verdure confezionato dal topino Remy? Sgrana gli occhi e gli cade rumorosamente la penna in terra, mentre rivive magicamente l’esperienza da pargolo amorevolmente servito dalla mamma. Finalmente sorride e mangia mugolando di piacere. Alla fine, facendo la scarpetta nel piatto con le dita, riconosce: “Non ricordo l’ultima volta che ho chiesto ad un cameriere di porgere i miei complimenti allo chef”. Ecco.

I primi Tradition.

L’oggetto in questione era ovviamente la referenza 7027, che vide la luce nel 2005. Seguirono poi la referenza 7057, il sontuoso Tourbillon Fusée 7047 (con il tourbillon e la trasmissione fuso-catena in primo piano, collocati sopra la platina, il quadrante ore-minuti spostato al 7) e il Tradition GMT, referenza 7067. Il 2015 ha visto la presentazione del Tradition Automatique Seconde Rétrograde 7097, del Répétition Minutes Tourbillon 7087 e del protagonista in copertina di questo volume di Revolution, il Chronographe Indépendent 7077.

Ed eccoci finalmente al nostro favorito… Ma certo, nessuno dei Tradition è meno che meraviglioso. Però, dopo il capostipite 7027 che spegne quest’anno le sue prime dieci candeline, il Cronografo Indipendente è quello che ci ha nuovamente fatto sobbalzare in modo irrefrenabile. Potremmo anche invocare un mantra che spesso abbiamo ascoltato ripetere da fior di progettisti orologieri, ovvero: “È più difficile realizzare un nuovo cronografo che un pluricomplicato”. Affermazione a buon titolo veritiera, ma non basta. Gli è che di fronte al 7077 la reazione è stata istintiva, difficilmente spiegabile in modo razionale. Insomma, io ho una certa età, quindi il paragone che sto per fare non potrà esser colto da tutti, ma son sicuro che quelli sopra gli anta capiranno. Visto che siamo in periodo “zerozerosettesco” vado indietro assai, in una seconda rievocazione cinematografica (vabbè, la terza, se contiamo anche il titolo di questo paragrafo). 1962, Dr. No (da noi Agente 007 – Licenza di uccidere): la scena in cui Ursula Andress esce dal mare giamaicano canticchiando, con un castigatissimo bikini bianco. Beh, non c’è partita con nessuna Bond girl apparsa nelle pellicole dei successivi cinquantatré anni, anche se non so spiegarvi lucidamente il perché!

Il 7077 impiega due movimenti del tutto indipendenti , uno per lo scorrer temporale, l’altro per la funzione cronografica. Ma forse non è neanche questo. Non è ciò che i tecnici di Breguet hanno fatto, a colpire, ma come. La ricerca di simmetria lanciata con il 7027 dieci anni fa e frequentata in quasi tutti i Tradition successivi, qui si sublima in qualcosa che potremmo definire “dualismo simmetrico”. Già l’esporre gran parte della pregnanza meccanica di un orologio frontalmente intriga assai, ma in questo caso la malìa è suprema. I due bilancieri collocati al 4 e all’8 battono a frequenze diverse. Al 4 c’è il cuore della base tempo, che viaggia a 3 Hz e vanta una riserva di carica di 55 ore. All’8 c’è quello del cronografo, che batte a 5 Hz. Normalmente tutto questo porterebbe gravi scompensi, ma qui non accade, perché come detto i due movimenti sono completamente indipendenti. Quando si attiva la misurazione del tempo non c’è alcuna ripercussione. Anche perché il cronografo è davvero autosufficiente, essendo dotato di una propria fonte d’energia, assolutamente innovativa: una molla a lama viene riarmata ogni volta che si attiva l’azzeramento, e il cronografo è di nuovo pronto all’uso, con una riserva di carica sufficiente per la misurazione, che ha un limite di venti minuti. L’ottimizzazione del sistema che impiega la molla a lama ha richiesto una serie di interventi. Alla molla è stato associato un ingranaggio non concentrico che consente di rendere più omogenea la coppia e dunque più costante la marcia del bilanciere del cronografo (realizzato in titanio), da cui un relativo brevetto depositato, che peraltro non è il solo. A questo punto ho l’impressione che ci siano anche motivazioni razionali sufficienti a spiegare il fascino irresistibile del 7027.

Le funzioni cronografiche si attivano con i due pulsanti avvitati: quello al 4 avvia la misurazione, quello all’8 provvede all’arresto e all’azzeramento, facendo flettere la citata molla a lama (la cui forma, una sottile striscia di acciaio con una piccola piegatura, assicura una flessibilità ottimale) e preparando quindi il cronografo alla misurazione successiva. La posizione dei pulsanti riprende quella di un cronografo storico della maison, la referenza 4009, un modello da osservazione con doppi secondi venduto il 6 gennaio 1825.

Una volta avviata la misurazione si attiva l’indicatore al 6 (una piccola punta di freccia blu) e parte la lancetta dei secondi crono al centro, mentre i minuti sono indicati da una sfera retrograda al 10 (al 2 si visualizza lo stato della riserva di carica). Tutte le lancette sono azzurrate. Eccettuate le piccole porzioni coperte dal quadrante decentrato al 12 (in oro argentato e, ça va sans dire, decorato manualmente a guilloché) e dalle altre indicazioni, il tripudio meccanico frontale è assolutamente straordinario. La tonda cornice (44 millimetri il diametro), disponibile in oro bianco e in oro rosa, è in pura tradizione Breguet, con regolamentare carrure cannelé.

I dieci anni della collezione Tradition non potevano esser celebrati in modo migliore. L’unico problema è che adesso le aspettative per il futuro sono gigantesche… Ma nel segno di Abraham-Louis tutto è possibile!”

Abraham-Louis Breguet

Nato a Neuchâtel nel 1747, Abraham-Louis Breguet si trasferì in Francia all’età di quindici anni. Ventottenne, nel 1775 alza la propria insegna a Parigi, in Quai de l’Horloge. Il laboratorio diventa in breve la culla dell’Alta Orologeria, il luogo di nascita e di sviluppo di una serie di invenzioni senza precedenti, dai più semplici espedienti alla più mirabolante delle complicazioni: i modelli automatici con massa oscillante e due bariletti, la molla sonora per gli orologi a ripetizione, l’impiego di numeri arabi in luogo dei romani, le lancette à Pomme che diventeranno il calssico dei classici, i quadranti rabescati a mano, il perfezionamento dello scappamento inglese e di quello naturale, il sistema antiurto parachute. Dopo una parentesi in Svizzera, tra il 1793 e il 1795, durante la quale, meno pressato da esigenze produttive, studia e pone le basi per altre invenzioni (dal calendario perpetuo al tourbillon, dallo scappamento a cilindro in rubino alla pendule sympathique, dallo scappamento a forza costante agli orologi à tact e ai souscription), torna a Parigi e mette in pratica un’altra straordinaria serie di innovazioni, tra le quali spicca naturalmente il regolatore a tourbillon, brevettato nel 1801 e prodotto a partire dal 1805. Arrivano le consacrazioni istituzionali: nel 1808 diventa orologiaio dello Zar e della Marina Imperiale russa, nel 1815 orologiaio della Marina Reale francese, nel 1816 è accolto nell’Accademia delle Scienza e nel 1819 si vede attribuire la Legion d’onore. Muore nel 1823, a 77 anni.

 

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