Orologeria Luigi Verga: intervista al Direttore Generale, Aldo Brix

D. Ci racconta com’è nata l’Orologeria Luigi Verga?

R. La storia di questo importante concessionario italiano prende il via a Milano, nel lontano 1947, in via Mazzini, sede ancora oggi della Società, fondata da Luigi Verga. Inizialmente il negozio vendeva solo orologi costruiti prima della guerra ma, già dai primi anni ’50, Luigi Verga introdusse articoli prodotti da alcune delle più importanti manifatture svizzere, tra cui Rolex, soddisfando una clientela sempre più ampia ed esigente. In seguito venne introdotto il servizio di assistenza post-vendita, attraverso la creazione di un laboratorio per le riparazioni. Il negozio ha subito alcune importanti modifiche, negli anni ’60 ed ’80, che lo hanno ampliato, trasformandolo nello spazio attuale, un punto vendita in cui trovare le più prestigiose marche dell’orologeria elvetica. La storia di questa prestigiosa azienda è sempre stata caratterizzata da una forte presenza della famiglia. Basti pensare che il figlio Valerio, attuale Presidente della società, iniziò ad aiutare il padre non ancora ventenne; eravamo negli anni ‘50. Il nipote Umberto, attuale amministratore delegato ed azionista di maggioranza, seguì lo stesso percorso, a partire dai primi anni ’80, e sono certo che anche la quarta generazione si renderà protagonista del futuro prossimo di questa società.

D. Quando è nata la passione per gli orologi della famiglia Verga?

R. Questa passione è sempre stata alla base di ogni progetto intrapreso dalla famiglia Verga, inclusa, ovviamente, la creazione della società. Basti pensare che il fondatore, prima di mettersi in proprio, era direttore e capo laboratorio di assistenza tecnica dell’Orologeria Giudici, uno dei più importanti negozi del settore a Milano, concessionario Rolex  tra gli anni ’30 e il primo dopo guerra.

 

D. Ci può raccontare qualcosa del vostro laboratorio? Ci risulta sia ben apprezzato dalle stesse principali case dell’alta orologeria.

R. È un laboratorio ben attrezzato in cui operano tre tecnici, più un capo laboratorio. Tutti, oltre alla formazione base data loro dalla scuola di orologeria, hanno seguito i più importanti corsi di formazione e aggiornamento presso molte prestigiose manifatture, di cui siamo concessionari ufficiali.

 

D. E’ sempre stato nel settore orologiero?

R. È da poco che lavoro in questo settore, ma ho sempre avuto una grande passione per gli orologi, fin da bambino. Da un punto di vista professionale, dopo un’importante esperienza nella consulenza, ho lavorato per oltre dieci anni nel commercio al dettaglio, legato all’intrattenimento, prima in Messaggerie Musicali, poi nella divisione Retail del gruppo Mondadori che ha acquisito la società.

 

D. Anche nel vostro settore si avverte la crisi? E, nel caso, come la state affrontando?

R. Anche il nostro settore avverte la pessima situazione congiunturale. Non nego che, negli ultimi due anni, le vendite a turisti stranieri, provenienti prevalentemente dall’area asiatica, in particolare dalla Cina, abbiano contribuito al nostro fatturato. È altrettanto vero che la cura per il cliente italiano è sempre stata una nostra priorità e non le nascondo che questa considerazione ha portato risultati importanti, nonostante il periodo difficile. Un impegno che portiamo avanti con crescente attenzione, anche attraverso eventi e manifestazioni, alcuni dei quali organizzati in collaborazione con le stesse manifatture svizzere, interessate al nostro mercato.

D. In cosa la vostra orologeria si differenzia dagli altri? – Non saprei dirle. Posso però ribadire, senza alcun dubbio, che il nostro punto di forza è sempre stato una particolare e costante attenzione verso il cliente.

 

D. Ha una sua collezione personale? E, se si, privilegia pezzi d’epoca o nuovi?

R. Diciamo, innanzitutto, che sono un grande appassionato di orologi. Ho una collezione che include pezzi appartenenti ad alcune delle marche che hanno fatto la storia dell’orologeria svizzera. L’unico orologio d’epoca, che possiedo, l’ho ereditato da mio padre: un Patek Philippe degli anni ’70.


 D. Ci può raccontare qualcosa di particolare che le è accaduto con un orologio?

R. Gli aneddoti più curiosi, in realtà, riguardano questa storica azienda. Ad esempio nel 1998 venne a trovarci, alla vigilia della partenza per i campionati del mondo, il calciatore della nazionale francese Marcel Desailly. Si innamorò di un orologio molto importante, un Patek Philippe e ci chiese di tenerlo da parte. Se la Francia avesse vinto il Mondiale, disse, sarebbe passato a ritirarlo. Così fu e Desailly mantenne la promessa. Venne in negozio e si portò a casa il prezioso orologio.

 

D. Ha dei consigli da dare a chi si avvicina a questo mondo?

R. Senza dubbio i più importanti sono quelli volti alla salvaguardia degli interessi del cliente. Con il passare degli anni le contraffazioni sono diventate sempre più “raffinate” e, anche se solo in apparenza, simili ai prodotti originali. Chi decidesse di investire in questo settore, dovrebbe innanzitutto rivolgersi sempre ai concessionari ufficiali o alle Boutique delle singole case. Un altro aspetto a cui dedicare attenzione riguarda riparazioni e revisioni. Orologi pregiati devono essere affidati a laboratori o concessionari autorizzati, proprio per evitare spiacevoli sorprese.

 

D. Ha un modello che le sta più a cuore?

R. Senza dubbio il mio Jaeger-Le-Coultre Reverso Classico, creato nel 1931.

 

D. Oggi cosa indossa?

R. Un Rolex Explorer II di fine anni ’90.

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